Berzona ieri e oggi
Berzona paese, l’abitato e i terrazzamenti che lo circondano rappresentano un patrimonio naturale e culturale di elevato valore; costituiscono un’importante testimonianza di un’economia agro-pastorale di sussistenza, dell’industria della lavorazione della paglia e di una situazione socioculturale, plasmata anche dalla migrazione e da intense relazioni con l’estero. Un insediamento da proteggere secondo le raccomandazioni dell’Inventario degli insediamenti svizzeri meritevoli di protezione (Isos).
La Valle Onsernone e in particolare Berzona, da secoli non è solo una valle, un paese di emigrazione, ma, in particolare dall’inizio del XX sec., grazie alle peculiarità del suo paesaggio naturale e culturale, è anche un paese d’immigrazione, temporanea o duratura, di gruppi socioculturali diversi, d’importanti personalità del mondo culturale europeo (per es. rappresentanti del Movimento Monte Verità, scrittori come Alfred Andersch, Max Frisch, Golo Mann).
Fino ad ora è stato possibile, grazie agli investimenti dei privati e del comune, conservare e valorizzare questo patrimonio. Berzona è un insediamento storico intatto, non circondato e pervaso da costruzioni moderne, che deturpano e danneggiano il patrimonio storico. Berzona ha mantenuto il suo fascino e la sua fama di luogo tutto particolare, noto in tutta la Svizzera e l'Europa. Questo patrimonio rappresenta non solo un valore socioculturale, ma anche socioeconomico, da salvaguardare e valorizzare per un turismo sostenibile (in specie turismo culturale).
Da villaggio di cappellai a quello di scrittori
Contenuti estratti da «Onsernone ieri e oggi: Trasformazioni nel Novecento», un Manuale Digitale del Museo Onsernonese.
© Museo Onsernonese
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Il declino della tradizionale economia di sussistenza e dell’industria della paglia hanno avuto conseguenze drastiche per la piccola Berzona: emigrazione definitiva o stagionale, calo demografico, sovrarappresentanza di persone anziane, estinzione delle famiglie patrizie ancora residenti, declino della comunità del villaggio e della cultura locale.
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Il villaggio, gli edifici abitativi, quelli per attività economica e i monti furono man mano abbandonati. Alcune case rimangono tuttavia di proprietà delle famiglie berzonesi o onsernonesi, in parte emigrate (Bianchini, Nottaris, Rapetti, Remonda, Regazzoni, Schira), numerosi edifici vanno in rovina lasciando lacune visibili nell’aspetto del villaggio; la maggior parte è già venduta nella prima metà del XX sec.
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A inizio Novecento erano 50 – 55 gli edifici che costituivano il nucleo di Berzona. Fino a metà del secolo circa il 20% di essi sono crollati e scomparsi dallo scenario del paese. In mezzo al paese viene eretto a inizio Novecento il Palazzo comunale sul sedime di diverse case, tra l’altro – come si racconta - di una manifattura della paglia. 17 (50%) delle case abitative rimaste sono state vendute a forestieri.
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L’esperienza è traumatica e richiede una “spiegazione”: secondo Enrico Regazzoni è stato l’ebreo errante a maledire Berzona in occasione del suo ultimo passaggio, condannando le famiglie patrizie a non avere più discendenti maschi. Si racconta anche che un prete, scacciato dal paese, ne abbia fatto il giro maledicendolo e profetizzando che non sarebbe rimasto più nessun originario del paese … infatti i pochi abitanti ancora residenti erano attinenti di altri comuni della valle.
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Gli immigrati della prima generazione fino a metà del secolo scorso sono del Locarnese, di Zurigo, di Basilea, spesso con esperienze di migrazione connesse direttamente o indirettamente con Ascona, col Monte Verità e tra di loro, sovente artisti, intellettuali, scienziati, cosmopoliti. La peculiarità di Berzona permette loro di trovarvi il loro rifugio stabile o temporaneo, il luogo d’ispirazione, di stacco, di libertà.
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Grazie ai loro mezzi le case vengono restaurate in modo rispettoso, i terreni vengono curati, le caratteristiche del luogo e del paesaggio salvaguardate. Ciò significa lavoro e reddito per il villaggio e la valle.
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Si sviluppa una comunità “alternativa” di “berzonesi d’adozione”, in relazione con altri “immigrati” della valle, che perlopiù coesiste e coopera con la popolazione autoctona - non senza alcuni momenti d’attritto e di conflitto.
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Dalla metà del sec. XX le case vongono tramandate in famiglia e nella propria cerchia. Altri abitanti si trasferiscono o decedono, altre case sono rivendute. Nuovi artisti, intellettuali, scienziati, cosmopoliti vi trovano il loro rifugio. Gli scrittori Max Frisch, Golo Mann, Alfred Andersch rendono Berzona mondialmente nota.